Dott. Giovanna Dan
medico chirurgo / Specialista in Dermatologia e Venereologia
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28-01-2020
 Il testo della mia relazione in occasione della Notte nazionale del Liceo Classico al Liceo Dante Alighieri di Gorizia (17 gennaio 2020), sul tema "Bellezza e medicina". E'collegata alla presentazione in PowerPoint visibile in testa alla pagina.
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Sono partita da lontano e precisamente dalla tesina che avevo preparato per l'esame di maturità.

La mia tesi multidisciplinare analizzava i corsi e ricorsi della storia e l'apparente alternanza di fasi della storia in cui prevalevano i valori “etici “(come la politica, l'organizzazione della società , la religione) ad altre in cui fosse l'”estetica” il tratto dominante della società e della cultura (perlomeno è questo il modo in cui la storiografia ci ha proposto la schematizzazione delle epoche, sebbene non sia possibile scindere cosi nettamente le cose) . La parola etica deriva dal greco ?θος: comportamento, estetica da α?σθησις: sensazione . Partendo da questa definizione avevo preso in considerazione tre grandi passaggi tra epoche : periodo ellenico/ellenistico , rinascimento e manierismo, illuminismo e romanticismo, nei quali fosse evidente questa differenza nel sentire comune e come il passaggio tra le epoche fosse segnato proprio dalla mutazione dei valori predominanti. L'arte è quella che ci racconta meglio queste differenze. Se in epoca ellenica l'atleta , il soldato, il dio erano i soggetti preferiti degli scultori, soggetti perfetti, di una bellezza canonica che poi è diventata la bellezza per eccellenza, nell'età ellenistica entrano a far parte dell'arte anche la vita quotidiana, il privato, i soggetti umili come questa vecchia ubriaca che contrasta con la perfezione del discobolo di Mirone. Apparentemente l'estetica prevale nel primo caso ma è proprio questo esempio che ci fa capire che l'estetica come la intendiamo oggi è inserita in una definizione scorretta. Estetica non è solo ciò che riteniamo “bello” ma ampliando la definizione è tutto ciò che esula dal rigore, dall'ordine precostituito, dalla visione puramente “etica” del mondo e spazia verso un sentire più intimo, più spontaneo, più “artistico”.  Come può applicarsi questo dualismo alla medicina? Senza scomodare Platone e Aristotele sui rapporti tra arte e scienza scomodiamo un greco antico a me più vicino cioè Ippocrate, il padre della medicina. Nel suo giuramento troviamo dei riferimenti ad entrambi gli aspetti della medicina. L'etica e l'estetica.

Ovviamente l'etica è l'aspetto caratterizzante del nostro lavoro.

L’etica : Il rigore della clinica, la logica che sottende ogni atto medico, il rispetto delle linee guida, l’applicazione dei principi del codice deontologico , la cura come obiettivo primario di ogni atto medico, l’assistenza al paziente sempre al di là di qualunque gratificazione personale ed economica (dal giuramento di Ippocrate: “Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio”); il rispetto del paziente come essere umano, fragile perché in stato di bisogno o sofferenza, senza differenze di genere, ceto o cultura: (“mi asterrò dal recar danno e offesa”, “In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra l'altro da ogni azione corruttrice sul corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi.) L’’inviolabilità del segreto professionale (Ciò che io possa vedere o sentire durante il mio esercizio o anche fuori dell'esercizio sulla vita degli uomini, tacerò ciò che non è necessario sia divulgato, ritenendo come un segreto cose simili.)

Ma l'estetica non manca : Ippocrate parla di Ars medica ed in questo caso la sua definizione ci è utile per ricordare che la medicina ha anche un aspetto creativo e artistico. Il processo diagnostico è e deve restare un processo creativo. Negli ultimi decenni la medicina ha assunto sempre più una connotazione tecnica , soprattutto con l'avanguardia nella diagnostica per immagini, nei test diagnostici. Sempre più spesso la diagnosi è affidata alle macchine e il rischio è quello di appiattirci nell'approccio globale al paziente. La medicina antica si basava sulla semeiotica , sull'anamnesi, sull'ascolto del paziente e sull'elaborazione dei dati da parte del clinico. Il progresso ha migliorato enormemente le capacità diagnostiche e terapeutiche ma non dobbiamo dimenticare l'importanza dell'uomo nel formulare una diagnosi, l'humanitas del nostro lavoro non intesa solo come umanità nei confronti del paziente ma anche come personalizzazione nell'approccio al paziente , interiorizzazione del suo problema , insomma tutto ciò che ci rende umani e non macchine. Un percorso nel quale dobbiamo attingere a tutte le nostre qualità, non solo alle conoscenze scientifiche e cliniche “da manuale”, altrimenti rischiamo di cadere nel peggiore degli errori : considerare il nostro paziente come un numero , come un caso clinico . L'estetica in medicina è quindi anche la bellezza del nostro lavoro che può riservare enormi soddisfazioni personali nell'utilizzo della nostra arte che deve comprendere cultura, empatia, apertura mentale, saper vedere oltre l'apparenza, avere spirito curioso ed indagatore, mantenersi giovani e freschi, aggiornarsi, mantenere vivo l'interesse nei confronti del mondo e della società per poi applicare tutti questi stimoli nel nostro lavoro. Non a caso anche Ippocrate giura di godere della propria arte e di meritare l'onore degli uomini.

La mia disciplina comprende anche un'attenzione particolare all'estetica del paziente, oltre che all'estetica dell'ars medica.

Ma anche in questo caso non dobbiamo limitarci a considerare l'estetica come la bellezza esteriore . Dobbiamo ricordare che le malattie dermatologiche che impattano sull'aspetto esteriore hanno un'  enorme ripercussione sulla psiche del paziente, sull'immagine di sé, sull'autostima , sulle relazioni con gli altri. La cura di queste malattie deve necessariamente considerare questo aspetto e non deve essere svalutata come un fattore di secondaria importanza nella vita di una persona. I canoni pre-stabiliti di bellezza “ordinaria” non comprendono alterazioni macroscopiche della pelle. Tutti vogliono rimanere nei canoni. La psicodermatologia studia non solo le patologie psicosomatiche (questo è il campo più conosciuto) ma negli ultimi anni si è concentrata proprio sugli effetti che le patologie cutanee hanno in termini di riduzione della qualità della vita del paziente e patologie psichiatriche secondarie. Numerosi studi hanno dimostrato ad esempio che i pazienti con psoriasi (una malattia cronica della pelle che non mette a rischio in alcun modo la vita del paziente ma ha solo un forte impatto estetico poiché la pelle è ricoperta di chiazze )  hanno maggior impatto psicologico dalla loro malattia rispetto a pazienti cardiopatici, diabetici o con altre malattie croniche che possono minare la vita. Chi è cardiopatico e psoriasico se potesse scegliere preferirebbe rinunciare alla psoriasi e restare cardiopatico anziché il contrario. Sviluppano disturbi d'ansia, depressione, presentano maggiore incidenza di tentativi di suicidio rispetto alla popolazione generale, hanno un impatto in ambito lavorativo e sociale, guadagnando mediamente meno e facendo meno carriera, hanno una maggiore incidenza di divorzi . La malattia li condiziona in tutto, anche solo ogni mattina nella scelta dei vestiti da indossare.

Un celebre psoriasico, lo scrittore americano John Updike, ha definito la psoriasi “un'allergia alla vita stessa” descrivendo molto accuratamente la condizione del malato di pelle  , con una definizione che si potrebbe applicare anche a molte altre malattie dermatologiche (“(l'espressione) appare forse eccessiva, per uno stato di salute non contagioso, non necessariamente doloroso o debilitante ha tuttavia la « volatilità di una malattia », [trasmette] quel senso di un’altra presenza che occupa il tuo corpo insieme a te e ti isola dalle felici greggi dell’umanità).

La medicina moderna fortunatamente ha trovato la cura per molte patologie della pelle e il nostro ruolo è quello di cercare per ogni paziente la cura più efficace e più sicura per preservare la salute del corpo e della psiche. Purtroppo non tutte le patologie hanno una cura al momento e quando la terapia non esiste bisogna ricorrere all'accettazione della propria immagine corporea. L'accettazione è comunque spesso parte del percorso diagnostico -terapeutico , questo vale per tutte le malattie e per tutte le discipline mediche. E' importante che ogni paziente, soprattutto i pazienti cronici, elabori il suo stato di salute senza ricadere nella disperazione, nel  “perchè proprio a me” e nel senso di frustrazione incoercibile (che porta ad esempio a consultare tanti specialisti alla ricerca del miracolo o peggio a seguire percorsi alternativi , spesso rischiosi per la salute e dispendiosi, oltre che inevitabilmente inefficaci e dunque forieri di ulteriori frustrazioni ancora più difficili da superare).  Questo assunto deve essere applicato ad ogni malattia, dalla psoriasi alla sclerosi multipla, al cancro. La malattia non si sceglie, non siamo guerrieri, siamo persone normali che hanno avuto questo destino , non dobbiamo chiamarla sfortuna, è semplicemente ciò che ci è successo. Dobbiamo affrontarlo con i nostri mezzi e con tutte le armi che abbiamo a disposizione per garantirci  il sollievo dal dolore , la migliore qualità della vita e, se ciò è possibile, la guarigione .Se i mezzi a disposizione della scienza attuale non lo consentono e la guarigione non è possibile dobbiamo perseguire l'accettazione. Nel caso dell'aspetto esteriore, dell'estetica in senso stretto dobbiamo ricordare innanzitutto che i canoni di bellezza sono cambiati nel tempo e  continuano ad evolvere. Inoltre la bellezza è un dato soggettivo, per fortuna. La storia dell'arte ci aiuta anche in questo ricordandoci che la bellezza per il Pollaiolo non era la bellezza per Modigliani.  Inoltre ciò che è un difetto secondo i canoni classici può essere trasformato in un punto di forza , ed in questo ci viene in aiuto quella che comunemente chiamiamo “personalità”. D'altronde abbiamo già detto che l'estetica è il “sentire”, la sensazione, e la sensazione è fatta di mille sfaccettature, spesso indescrivibili, che ci evocano emozioni , a volte inspiegabili anche da noi stessi. Winnie Harlow è una modella affetta da vitiligine , malattia cronica della pelle ancora orfana di cure definitive ed efficaci. Ha trasformato la malattia nel suo tratto distintivo e ne ha fatto un punto di forza. Non è necessario diventare famosi : più semplicemente anche un angioma piano esteso come questo può diventare un' opera d'arte.

In questo senso dobbiamo ricordare che l'accettazione riguarda tutti: non solo perchè nessuno è privo di “difetti “anche piccoli sulla pelle. Ma anche perchè prima o poi le rughe arrivano per tutti, la pelle diventa meno elastica, il tono si perde.

Anche qui nella storia della letteratura si alternano elogi dell'età giovanile come unica età dell 'oro ed esortazioni a non perdere tempo prima dell'inevitabile declino (Orazio con il suo Carpe diem tanto per citare un aforisma piuttosto popolare) alla pacata e serafica accettazione di Seneca e Cicerone. Saffo scrive nella sua “Ode alla vecchiaia” “(A me) ormai la vecchiaia (inaridisce) la pelle, che era un tempo (delicata), e i capelli, da neri che erano, sono diventati (bianchi) ..., il cuore mi si è fatto pesante e non mi reggono le ginocchia,  che erano un giorno leggere nella danza come quelle di cerbiatti. (Per questo) gemo di continuo. Ma che cosa potrei fare? Non è possibile, per chi è uomo, scansare la vecchiaia.  “

L'accettazione riguarda anche il tempo che passa, in assoluto? Se rispondessi sì rinnegherei in toto la medicina estetica, campo sempre più in espansione in questi anni , praticato anche da molti miei colleghi. Dai tempi di Saffo molta acqua è passata sotto ai ponti. L'esempio che faccio sempre a chi condanna la medicina estetica è: ci tingiamo i capelli, quindi perchè non possiamo fare qualcosa anche per le rughe? Se Saffo avesse avuto il botulino a disposizione ne avrebbe largamente fatto uso?

Io credo che la verità stia in mezzo. La medicina estetica, il ringiovanimento del volto, se fatti con criterio ed equilibrio, mantenendo un'immagine realistica e non completamente stravolta possono aggraziare ed addolcire il passare degli anni.  Se abbiamo questa opportunità non dobbiamo rifiutarla a priori per “etica” ma ricordarci dell' importanza dell' ”estetica” , il sentire, il sentirci meglio. Il progresso è anche questo e cogliere i segni del progresso è segno di una mente lucida e giovane . In questo senso la medicina va oltre e negli ultimi anni si è sviluppata la cosiddetta “medicina anti-aging”. Una branca della medicina che punta a ritardare o ancor meglio a migliorare l'invecchiamento del corpo, principalmente puntando sulla prevenzione. La vecchiaia non porta solo rughe ma decadimento fisico e cognitivo. Alterazioni metaboliche, pressione alta, disturbi ossei, disturbi neurologici, Alzheimer, demenza senile. Nei prossimi decenni l'obiettivo è quello di invecchiare meglio e più lentamente, facendo leva sulla prevenzione a partire dai 35 anni.

Concludo con questo aforisma di Proust: Quell’elemento che non possiamo inventare, che non è il semplice compendio delle bellezze passate, quel dono veramente divino, l’unico che non possiamo ricevere da noi stessi, davanti al quale svanisce ogni creazione logica della nostra intelligenza, e che solo alla realtà possiamo chiedere: è un fascino individuale.

Ciò che troppo spesso sottovalutiamo , presi dall'inseguimento spasmodico di un ideale di bellezza canonico, è qualcosa che in maniera brutale, drammatica e spietata non possiamo inventarci, non possiamo pilotare, non possiamo controllare. Ma lo possediamo tutti, solo che possiamo esercitarlo non a nostro piacimento e non su chi decidiamo noi, però possiamo lavorarci e coltivarlo soprattutto per noi stessi: è il fascino.